Archivio annuale 2019

Cassazione, quinta sezione civile, nell’ordinanza n. 6500/2019. La Suprema Corte ritiene non dovute le sanzioni amministrative derivanti dalla violazione delle norme tributarie che, stante il loro carattere afflittivo, non si trasmettono agli eredi



Sanzioni tributarie non si trasmettono gli eredi http://eredi

La Cassazione rammenta che le sanzioni pecuniarie amministrative previste per la violazione delle norme tributarie hanno carattere afflittivo, onde devono inquadrarsi nella categoria dell’illecito amministrativo di natura punitiva, disciplinato dalla L. 689/1981, essendo commisurate alla gravità della violazione ed alla personalità del trasgressore.
Di conseguenza, spiega la Corte, a esse si applica il principio generale sancito dall’art. 7 della legge n. 689 cit., secondo cui l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi (cfr. Cass. n. 13894/2008).
La Cassazione, dunque, accoglie l’originario ricorso del contribuente limitatamente alle sanzioni che dichiara non dovute.

Immigrazione: PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI UMANITARI – DISCIPLINA INTRODOTTA DAL D.L. N. 113 DEL 2018 CONV. IN L. N. 132 DEL 2018 – MODIFICA DELLA PREESISTENTE DISCIPLINA – APPLICAZIONE IN RELAZIONE ALLE DOMANDE PROPOSTE PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DELLA NUOVA LEGGE – ESCLUSIONE – CONSEGUENZE.


  1. Il Tribunale di Napoli ha rigettato le domande dì protezione internazionale ed umanitaria proposte dal cittadino della Guinea
  2. A sostegno della decisione ha affermato che dalle sue dichiarazioni è emerso che le ragioni dell’allontanamento dal suo paese sono state esclusivamente di natura economica e di conflitto con i propri genitori. Escluso, di conseguenza, rifugio e protezione sussidiaria ex art. 14, lettere a) e b), d.lgs n. 251 del 2007, il Tribunale ha escluso anche la lettera c), all’esito delle informazioni officiosamente assunte sulle condizioni politiche attuali del paese, caratterizzate dal 2014 in poi da una progressiva stabilizzazione politica e dall’adozione di misure per affrontare il problema della violazione dei diritti umani. Nei mesi di agosto e settembre 2016 si è t l avviato un dialogo positivo tra governo ed opposizione al fine di allentare i contrasti di natura politica.
  3. Quanto alla protezione umanitaria, il Tribunale di Napoli ha rilevato che le condizioni per il riconoscimento di tale tipologia di permesso possono essere individuati in situazioni soggettive connesse alla salute del richiedente, o a condizioni oggettive di natura socio politica, alimentare o sanitaria. Nella specie si afferma testualmente nel provvedimento impugnato, non ricorrono le ipotesi prospettate.
  4. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE 5. Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 del d.lgs n. 251 del 2007 nonché degli artt. 8 e 27 comma l bis del d.lgs n. 25 del 2008 per avere, il Tribunale fondato il rigetto della domanda di rifugio politico esclusivamente sulla valutazione negativa della credibilità del richiedente senza attivare i poteri-doveri istruttori officiosi al fine di accertare i fatti rilevanti in relazione alla domanda proposta. 5.l.La censura è inammissibile in quanto non idonea a colpire la ratio decidendi posta a base dell’esclusione della sussistenza delle condizioni di riconoscimento dello status di rifugiato. Il Tribunale ha posto a base della decisione non il difetto di credibilità ma la ragioni di natura economica che avevano spinto il richiedente a lasciare il proprio paese. 6. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2,7,8, d.lgs n. 251 del 2007 e art. 2 d.lgs n. 25 del 2008 per avere il Tribunale di Napoli ritenuto estranee alle condizioni di riconoscimento del rifugio politico e della protezione l l· !\ v sussidiaria le dichiarazioni del richiedente, considerato che lo stesso non si era mai rivolto alle autorità statali per chiedere protezione. Al riguardo ha rilevato il ricorrente che il proprio racconto non è stato smentito da elementi di segno contrario ed inoltre i fatti narrati trovano conferma nella difficile situazione in cui versa il suo paese di origine. In particolare, egli si trova esposto al rischio di subire atti di violenza fisica e psichica dai quali i soggetti statuali non sono in grado di proteggerlo. 6.1. La censura è inammissibile non trovando riscontro nella decisione impugnata le affermazioni poste a base della censura. Come già osservato, non è stata contestata specificamente la credibilità del cittadino straniero ma la riconducibilità alle ipotesi tipizzate di protezione internazionale né si è fatto riferimento alla mancata protezione da parte delle autorità statuali, non essendo riferita alcuna forma di esposizione al rischio per la vita od incolumità fisica, né al riguardo vi è alcuna allegazione specifica nel ricorso. Deve precisarsi, al riguardo, che il riferimento, nell’esposizione sommaria dei fatti, alla partecipazione ad una manifestazione politica e meramente dedotta senza alcuna indicazione che consenta di ritenere che si tratti di un’allegazione specifica e preesistente oltre che documentata ex art. 369 cod. proc. civ. 7. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 lettera c) d.lgs n. 251 del 2007, per non essere stato riscontrato, all’esito delle indagini officiose svolte, che in Guinea, come indicato nelle principali fonti d’informazione, la situazione politico sociale è caratterizzata da un conflitto interno in relazione al quale si sviluppano episodi di violenza ad opera di gruppi armati, oltre a potersi riscontrare gravi violazioni dei diritti umani. 4 ì l : l l / \ 7 .l. La censura è inammissibile mirando, nonostante la formale qualificazione come violazione di legge, ad un riesame dei fatti così come accertati dal giudice del merito che, nella specie, ha svolto un esame officioso delle fonti, così come richiesto dall’art. 8 del d.lgs n. 251 del 2007, giungendo a conclusioni, insindacabilmente divergenti. 8. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, c.6 del d.lgs n. 286 del 1998 per non avere, il Tribunale, ritenuto sussistenti le condizioni per il rilascio di un permesso per ragioni umanitarie. Sul rigetto di questa domanda non vi è specifica motivazione. Il Tribunale doveva svolgere un apprezzamento giuridico diverso da quello riguardante le protezioni maggiori in relazione alle condizioni oggettive della Guinea con particolare riferimento al mancato rispetto dei diritti umani ed all’instabilità politica, oltre che le condizioni di vita del tutto precarie, sotto il profilo della salute e dell’alimentazione. 8.1 Quest’ultima censura merita un esame più analitico. Viene sostanzialmente dedotto dal ricorrente che è mancato uno scrutinio specifico delle condizioni di vulnerabilità che avrebbero potuto determinare il riconoscimento delle ragioni umanitarie, essendosi il tribunale limitato ad una generica negazione della sussistenza dei presupposti di esse, senza procedere ad una valutazione differenziata dei fatti narrati rispetto alle conclusioni assunte sulle protezioni tipiche (rifugio politico e protezione sussidiaria) oltre che della situazione generale. Le ragioni dell’allontanamento, sia sotto il profilo soggettivo (povertà e necessità economiche) che oggettivo (il perdurare di una situazione d’instabilità politica e di violazione dei diritti umani) avrebbero dovuto condurre ad una valutazione positiva 5 L • della condizione di vulnerabilità del ricorrente secondo il parametro legislativo costituito dall’art. 5 c. 6 d.lgs n. 286 del 1998. 8.2 La prospettazione della censura impone l’individuazione preliminare del paradigma legislativo applicabile alla domanda relativa all’accertamento delle condizioni per il riconoscimento di un titolo di soggiorno sostenuto da ragioni umanitarie, essendo nel corso del giudizio, e più esattamente in pendenza del procedimento davanti la Corte di Cassazione, intervenuto il d.l. n. 113 del 2018 convertito con modificazioni nella l. n .132 del 2018 e in vigore dal 5 ottobre 2018, che ha mutato la disciplina legislativa previgente relativa alle condizioni per il riconoscimento del diritto ad un permesso per ragioni umanitarie. 8.3. Il legislatore, ha introdotto la categoria dei permessi di soggiorno “per casi speciali”, ed in particolare: a) ha eliminato la norma, contenuta nell’art. 5 c. 6 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella quale era stabilito che ove ricorressero seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali od internazionali dello Stato italiano, doveva essere riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno del contenuto e della durata stabiliti nel regolamento di attuazione [art. 28, c.2 lettera d) d.p.r. n. 394 del 1999]. Dal 5/10/2018 è rimasta vigente soltanto la prima parte dell’art. 5 c.6 che stabilisce:” il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno, possono essere, altresì, adottati, sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili ad uno degli stati contraenti”; b) ha, coerentemente, modificato l’art. 32 c. 3 del d.lgs n. 25 del 2008 escludendo dalla cognizione delle Commissioni territoriali la valutazione della residua sussistenza di “gravi motivi umanitari” 6 ·~ l: i! all’esito dello scrutinio negativo sul rifugio politico e la protezione sussidiaria. Le Commissioni alla luce della norma in vigore dal 5/10/2018 sono tenute a trasmettere gli atti al Questore solo se ricorrano i presupposti di cui all’art. 19, c.l. ed 1.1 del d.lgs n. 286 del 1998 perché provveda al rilascio di un permesso di soggiorno che reca la dicitura “protezione speciale”, ha la durata di un anno, non è convertibile in permesso di lavoro ma consente di svolgere attività lavorativa. Le condizioni indicate nell’art. 19 c. l. riguardano il rischio individuale di essere soggetti a persecuzioni per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Quelle indicate nel c.l.l. (introdotte dall’art. 3 della l. n. 110 del 20 17) consistono in “fondati motivi” di essere sottoposti a tortura; c) ha introdotto una tipologia peculiare di permesso per cure mediche (art.19 c. 2 lettera d-bis d.lgs n. 286 del 1998) per cittadini stranieri che versano in condizioni di particolare gravità, della durata massima di un anno, rinnovabile solo se persiste la condizione di partenza; d) ha introdotto, con l’art. 20 bis del d.lgs. n. 286 del 1998, il permesso di soggiorno per contingente ed eccezionale calamità naturale che non consenta il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza della durata di sei mesi, rinnovabile di altri sei se permane la condizione di partenza, che consente lo svolgimento di attività lavorativa ma non è convertibile in permesso di lavoro; e) ha introdotto, con l’art. 42 bis del d.lgs n. 286 del 1998, il permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile di durata biennale, con accesso allo studio e allo svolgimento di attività lavorativa, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro subordinato ed autonomo; 7 r l f) ha conservato il permesso di soggiorno disciplinato all’art. 18 del d.lgs n. 286 del 1998, per motivi di protezione sociale nonché quello preesistente per le vittime di violenza domestica (art. 18 bis) e quello per particolare sfruttamento lavorativo (art. 22, comma 12 quater), precisando in tutte e tre le norme che attualmente tali permessi devono essere denominati “per casi speciali”. Si tratta di titoli di soggiorno variamente modulati quanto alla durata ma tutti convertibili in permessi di lavoro. (cfr. per il permesso relativo a ragioni di protezione sociale l’art. 27 comma 3 bis del d.p.r. n. 394 del 1999, rimasto vigente; per il permesso per sfruttamento lavorativo il comma 12 sexies dell’art. 22; per il permesso riguardante le vittime di violenza domestica, il comma l bis dell’art. 18 bis). 8.4. Il nuovo quadro legislativo dei permessi introdotti dal d.l. n. 113 del 2018 e le modifiche dell’art. 32, terzo comma d.lgs n. 25 del 2008, pongono in luce la rilevante diversità, peraltro coerente all’affermata intentio legis declinata nella relazione illustrativa, tra il sistema della protezione umanitaria incentrato sull’art. 5 c.6 d.lgs n. 286 del 1998 e l’attuale, fondato sulla specialità e tipizzazione dei permessi, che proprio dall’eliminazione di questa norma prende le mosse. La comparazione evidenzia in particolare la predeterminazione delle ipotesi di riconoscimento di permessi denominabili come “speciali” attraverso specifici paradigmi normativi, fortemente conformati, in netta soluzione di continuità con la formulazione dei presupposti per il riconoscimento del permesso umanitario ex art. 5, c.6, d.lgs. n. 286 del 1998, articolati secondo la clausola generale dei “seri motivi di carattere umanitario, da individuare, secondo un catalogo “aperto” determinabile alla luce dell’evoluzione del quadro 8 complessivo dei diritti umani desumibili dal sistema costituzionale interno, da quello convenzionale ed agli obblighi internazionali ai quali il nostro ordinamento è vincolato. L’effetto limitativo dell’intervento legislativo riguarda non soltanto la tipizzazione dei permessi sopra indicata ma anche la modifica dell’art. 32, c.3, d.lgs. n. 25 del 2008. Alle Commissioni territoriali residua l’accertamento delle condizioni per l’applicazione del principio di “non refoulement” per le fattispecie descritte nell’art. 19 c.1 ed l. l., ovvero per ipotesi sostanzialmente sovrapponibili alle protezioni maggiori ed escluso l’accertamento di condizioni di vulnerabilità diverse. Prevedibilmente il permesso per ragioni di protezione speciale potrà essere riconosciuto quando difettano condizioni soggettive per il rifugio o la protezione sussidiaria o si versi in una situazione che ne legittimerebbe la revoca ma il rimpatrio è impedito dall’applicazione del principio di “non refoulement”. 8.5 Il quadro comparativo così delineato è del tutto coerente con l’ampia ed univoca elaborazione giurisprudenziale riguardante il permesso umanitario e la sua intima connessione con il diritto d’asilo costituzionale. La qualificazione giuridica di diritto soggettivo perfetto appartenente al catalogo dei diritti umani, di diretta derivazione costituzionale e convenzionale, è stata affermata e mantenuta costante dalle S.U. di questa Corte a partire dall’ordinanza n.19393 del 2009 fino alle più recenti ( ex multis S.U.5059 del 2017; 30658 del 2018; 30105 del 2018; 32045 del 2018; 32177 del 2018). Tale peculiare natura, del tutto coerente con il richiamo al rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali indicati nell’art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998, ha avuto un notevole rilievo nella ricognizione dei presupposti per l’accertamento del diritto al permesso umanitario, svolta dalla 9 , Il lY~ ! giurisprudenza di legittimità. Si è ritenuto che essi fossero diversi da quelli posti a base delle protezioni maggiori e che la protezione umanitaria avesse carattere residuale (Cass. 4131 del 2011; 15466 del 2014), dal momento che le condizioni di vulnerabilità suscettibili di integrare i “seri motivi umanitari” non possono che essere correlati al quadro costituzionale e convenzionale al quale sono ancorati (Cass. 28990 del 2018).Tale peculiarità, unitamente alla qualificazione giuridica del diritto, fornita dalle S.U. di questa Corte, ha svolto un’incidenza determinante sull’intervento nomofilattico della giurisprudenza di legittimità in relazione al contenuto e l’azionabilità del diritto d’asilo. (ex multis Cass.10636 del 2012 e 16362 del 2016, il principio è richiamato anche nella recente pronuncia n. 4455 del 2018). Secondo tale costante orientamento, il diritto d’asilo costituzionale è integralmente compiuto attraverso il nostro sistema pluralistico della protezione internazionale, anche perché non limitato alle protezioni maggiori ma esteso alle ragioni di carattere umanitario, aventi carattere residuale e non predeterminato, secondo il paradigma normativa aperto dell’art. 5, c.6, d .lgs. n. 286 del 1998. 9. La corretta qualificazione giuridica del diritto contenuto nella norma eliminata, alla luce della stretta correlazione con l’attuazione del diritto d’asilo costituzionale costituisce una premessa ineludibile per l’esame dell’applicabilità ai giudizi in corso della nuova disciplina legislativa. 9.1 L’esame comparativo svolto in relazione alla natura giuridica ed alla collocazione nel sistema dei diritti fondamentali della persona, della situazione giuridica soggettiva di cui è titolare chi, alla luce del sistema legislativo, fondato sull’art. 5, c.6 del d.lgs n. 286 del 1998, abbia richiesto l’accertamento del diritto ad un titolo di soggiorno lO per seri motivi umanitari, evidenzia la natura meramente ricognitiva dell’accertamento da svolgere in sede di verifica delle condizioni previste dalla legge. La stretta correlazione con il diritto d’asilo costituzionale conferma tale ricostruzione. Al riguardo, deve rilevarsi, che fin dalle prime pronunce delle S. U. sulla giurisdizione e sulla precettività dell’art. 10, terzo comma, Cost. (S.U. n.4674 del 1997) è stata affermata la natura dichiarativa dei provvedimenti assunti in relazione all’accertamento del diritto d’asilo (per questa peculiare caratteristica S.U. n. 907 del 1999) di cui la protezione umanitaria ha costituito parte integrante. 10. E’ necessario, pertanto, verificare come opera, sulla base della ricostruzione del diritto sopra illustrato, l’intervento legislativo nei procedimenti e nei giudizi in corso, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla concreta operatività del principio d’irretroattività della legge contenuto nell’art. 11 delle preleggi, tenuto conto della qualificazione giuridica del diritto sopra indicata. Unitamente a tale indagine è necessario verificare se il legislatore abbia introdotto una disposizione di carattere intertemporale applicabile ai giudizi in corso. Si deve rilevare, al riguardo, che L’art. l del d.l. n. 113 del 2018, convertito nella l. n. 132 del 2018, contiene due disposizioni di carattere intertemporale, il comma 8 ed il comma 9. 11. Nel comma 8 è stabilito: “Fermo restando i casi di conversione, ai titolari del permesso di soggiorno per motivi umanitari già riconosciuto ai sensi dell’art. 32 c.3 d.lgs n. 25 del 2008, in corso di validità alla data di entrata in vigore del presente decreto, è rilasciato, alla scadenza, un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.lgs n. 25 del 2008, come modificato dal presente decreto, previa valutazione della competente Commissione l l /1 l l territoriale, sulla sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 19 c.1. ed 1.1. del d.lgs n. 286 del 1998”. Con questa disposizione il legislatore stabilisce, da un lato, l’intangibilità dei permessi umanitari validi ed efficaci alla data di entrata in vigore della nuova legge, indicando, tuttavia, come dies ad quem, la scadenza legale del titolo di soggiorno. Dall’altro, prescrive che, dopo tale scadenza, operi il nuovo regime giuridico che esclude l’applicazione dell’art. 5, c.6, d .lgs. n. 286 del 1998, e, “fermo restando i casi di conversione”, affida alle Commissioni la più limitata cognizione della sussistenza delle condizioni relative ai permessi per protezione speciale fondati sul parametro di cui all’art. 19 c.l. ed 1.1. del d.lgs n. 286 del 1998. 11.1 Nel comma 9 è stabilito: “Nei procedimenti in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali la commissione territoriale non ha accolto la domanda di protezione internazionale ed ha ritenuto sussistenti i gravi motivi di carattere umanitario allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno recante la dicitura “casi speciali” ai sensi del presente comma, della durata di due anni, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo e subordinato. Alla scadenza del permesso di soggiorno di cui al presente comma, si applicano le disposizioni di cui al comma 8″. La disposizione regola, in forma esplicita, la sorte dei provvedimenti con i quali la Commissione territoriale abbia accertato la sussistenza dei presupposti per il permesso umanitario ed abbia emesso il provvedimento di trasmissione degli atti al questore ma il procedimento di rilascio (a carattere meramente vincolato) non sia temporalmente concluso. In questa peculiare ipotesi, il legislatore ha introdotto un’ulteriore categoria di permesso per “casi speciali” che tuttavia ha un contenuto ed una durata ben più ampi di quelli 12 /ì l i : l i J ~ l tipizzati con la nuova legge e può essere convertito in permesso di lavoro. Non vi e una espressa disciplina legislativa di carattere intertemporale riguardante i giudizi in corso che seguano ad un accertamento positivo od ad un diniego delle Commissioni territoriali o espressamente rivolta ai procedimenti amministrativi in itinere alla data di entrata in vigore della nuova legge. L’unica regola inequivoca che si può cogliere dall’art. l, comma 9, riguarda il segmento conclusivo dell’accertamento positivo del diritto che, anche ove accertato alla stregua del parametro legislativo applicabile prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, non può che assumere la denominazione ed il contenuto indicati nella norma non essendo più legislativamente previsto il permesso di soggiorno per motivi umanitari. 12. E’ necessario, pertanto, stabilire, se la disposizione, oltre al contenuto prescrittivo espresso, possa contenere anche la regola dell’applicabilità immediata della nuova disciplina legislativa ai giudizi ed ai procedimenti amministrativi in itinere. In questa lettura la previsione esplicita costituirebbe una deroga parziale all’applicazione immediata del nuovo assetto legislativo dei permessi di soggiorno. 13. Quest’ultima soluzione, tuttavia, contrasta con la natura giuridica della situazione giuridica soggettiva di cui il cittadino straniero ha richiesto l’accertamento e con i principi costantemente seguiti dalla giurisprudenza di legittimità, peraltro coerenti con le soluzioni prospettate dalla dottrina costituzionalistica, in relazione a fattispecie analoghe. 13.1. Il principio stabilito nell’art. 11 delle preleggi (”la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”) non 13 l ” ‘ l k \ l gode di copertura costituzionale e, conseguentemente, può essere derogato dal legislatore nei limiti che verranno illustrati. La giurisprudenza di legittimità, con orientamento del tutto costante ne ha modulato l’ambito applicativo, anche in mancanza di una disciplina normativa puntuale, affermando: ” In tema di successione delle leggi nel tempo, il principio dell’irretroattività, fissato dall’art. 11 delle preleggi, comporta che la norma sopravvenuta è inapplicabile, oltre che ai rapporti giuridici esauriti, anche a quelli ancora in vita alla data della sua entrata in vigore, ave tale applicazione si traduca nel disconoscimento di effetti già verificatisi ad opera del pregresso fatto generatore del rapporto, ovvero in una modifica della disciplina giuridica del fatto stesso (ex multis Cass. 3845 del 2017). Il principio è stato ulteriormente precisato: “(. . .) la legge nuova può essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore (S.U. n. 2926 del 1967; 2433 del 2000; 14073 del 2002; Cass.16620 del 2013). 14. Alla luce del chiaro paradigma conformativo dell’operatività del principio d’irretroattività della legge sostanziale, elaborato dalla giurisprudenza di legittimità si può affermare: a) l’applicazione del principio non riguarda soltanto i cd. diritti quesiti (S.U. 5939 del 1991) ma anche le situazioni giuridiche soggettive sottoposte ad un procedimento di accertamento ove la 14 nuova disciplina legislativa modifichi il fatto generatore del diritto o le sue conseguenze giuridiche attuali o future; b) il principio esposto è una diretta conseguenza del parametro del cd. “fatto compiuto”, elaborato dalla dottrina costituzionalistica al fine di evitare effetti pregiudizievoli sulla tutela di diritti, dettati dall’insorgenza di un nuova norma che ne limiti o comprima la titolarità, il contenuto e l’esercizio, in virtù di un paradigma diverso rispetto a quello applicabile al momento in cui se ne è chiesto l’accertamento, così da creare disparità ingiustificate ed irragionevoli di trattamento dovute esclusivamente ad un fattore, del tutto estrinseco ed accidentale quale la durata del procedimento di accertamento. La nuova legge, ove non si applicasse il principio sopra illustrato “finirebbe per sconvolgere le situazioni giuridiche sorte durante il periodo di vigenza della vecchia legge, solo perché non esaurite al momento dell’entrata in vigore della nuova (in quanto svolgentesi nell’ambito di un durata ancora in corso) e perché tuttora oggetto di accertamento giudiziale”(S.U. n. 5939 del 1991; 4327 del 1998; Cass. 2433 del 2000; 16395 del 2007; 3845 del 2017); c) l’applicazione del paradigma sopraindicato al diritto soggettivo del cittadino straniero che ne ha richiesto l’accertamento nella vigenza dell’art. 5,c.6 del d.lgs. n. 286 del 1998 e che non ha avuto una risposta definitiva all’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, è, alla luce dei canoni sopraindicati, agevole. La qualificazione giuridica del diritto sopra illustrata e la natura meramente ricognitiva del giudizio di accertamento cui esso è assoggettato nella fase amministrativa e giudiziale dell’esame dei presupposti, inducono univocamente a ritenere che la nuova disciplina legislativa incida direttamente sul fatto generatore del diritto e sui suoi effetti e 15 conseguenze giuridiche così da non poter esse applicabile ai procedimenti in corso, come paradigma valutativo; d) il diritto soggettivo, nella specie, è preesistente alla verifica delle condizioni cui la legge lo sottopone, mediante il procedimento amministrativo ed eventualmente giudiziale. Il risultato positivo o negativo dell’accertamento, dipende dal quadro allegativo e probatorio posto a base della domanda ma non incide sulla natura giuridica della situazione giuridica soggettiva azionata e sulla incontestata natura dichiarativa della verifica amministrativa e giudiziale. Il cittadino straniero (sulla base del complessivo paradigma legislativo anteriore all’entrata in vigore del d .l. n. 113 del 2018) ha il diritto ad un titolo di soggiorno fondato su “seri motivi umanitari” desumibili dal quadro degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato, che sorge contestualmente al verificarsi delle condizioni di vulnerabilità, delle quali ha richiesto l’accertamento con la domanda. La domanda, di conseguenza, cristallizza il paradigma legale sulla base del quale, per la richiamata qualificazione giuridica del diritto azionato e per la natura ricognitiva dell’accertamento statuale, deve essere scrutinato. Non incide sull’esattezza di tale conclusione la previsione legislativa di cui all’art. 8, c.3, d. lgs. n. 25 del 2008, che, imponendo la cosiddetta “valutazione all’attualità” dei fatti dedotti a fondamento della domanda, attiene alla disciplina degli oneri di allegazione della parte e dell’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice e, quindi, alle modalità di conformazione dell’istruttoria, ma non concerne la configurazione giuridica dei presupposti del diritto azionato. 15. Le indicazioni sopra illustrate, risultano, peraltro, coerenti con principi elaborati dalla Corte Costituzionale in relazione alla disciplina del rapporto tra legge nuova e sistema preesistente. E’ stato 16 (‘ J affermato, al riguardo che non è astrattamente vietata l’applicazione immediata di una nuova norma salvo che ciò non contrasti con interessi costituzionalmente protetti (Corte Cost. 41 del 2011; nella specie si trattava di norma autoqualificata d’interpretazione autentica, ma dalla Corte ritenuta di portata innovativa e irragionevolmente retroattiva) e non si ponga in contrasto “con principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica tra i quali sono ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni riservate all’ordinamento giudiziario”(Corte Cost. N. 78 del 2012; 209 del 2010). La qualificazione giuridica del diritto all’accertamento dell’esistenza di seri motivi umanitari al fine di poter usufruire del corrispondente titolo di soggiorno che si è consolidata in virtù degli orientamenti soprarichiamati, attrae, indubitabilmente nell’alveo degli “interessi costituzionalmente protetti” la situazione giuridica soggettiva tutelata dall’art. 5, c.6., del d.lgs. n. 286 del 1998. llj ‘\ : ) ! ~ 16. Anche per il diritto dell’Unione Europea relativo al diritto del 1 cittadino straniero agli status di protezione internazionale, l’accertamento amministrativo e giudiziale ha natura ricognitiva (Considerando n. 21 della Direttiva 20 11/95/UE) e, di recente, la Corte di Giustizia (sentenza del 12 aprile 2018 causa C-559/16) ha ribadito tale principio con riferimento alla domanda di protezione internazionale proposta da un minore non accompagnato che intenda esercitare il diritto al ricongiungimento familiare e che si trovi a raggiungere la maggiore età in corso di giudizio. Ha affermato la Corte che la diversità dell’esito fondata esclusivamente 17 sulla durata dell’accertamento del diritto, viola il principio della parità di trattamento e della certezza del diritto con la conseguenza che, attesa la natura ricognitiva dell’accertamento stesso, si deve considerare la posizione giuridica del richiedente al momento della proposizione della domanda, essendo la durata delle procedure dovuta a fattori del tutto indipendenti dalla volontà del richiedente stesso (carico di lavoro; complessità delle questioni; maggiore afflusso delle domande in una particolare contingenza politica). I principi esposti si pongono in consequenziale linea di coerenza con gli orientamenti sopra illustrati in tema di corretta applicazione del principio d’irretroattività, contenuto nell’art. 11 delle preleggi. Deve aggiungersi che il permesso di soggiorno sostenuto da ragioni di carattere umanitario costituisce parte integrante del sistema pluralistico di protezione internazionale, come ampiamente evidenziato (Cass. 10636 del 2012 e 16362 del 2016) e come risultante dalla norma (art. 32, c.3, d.lgs. n. 25 del 2008, nella formulazione vigente fino all’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018) che ha introdotto nel procedimento di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale, il potere – dovere delle Commissioni territoriali di accertare le ragioni di carattere umanitario che possano residuare al diniego delle protezioni cd. maggiori. Tale potere di accertamento, ancorché rimodulato, alla luce della significativa compressione delle ragioni umanitarie realizzata dal d.l. n. 113 del 2018, è rimasto in capo alle Commissioni, limitatamente ai requisiti contenuti nell’art. 19, c. l. ed 1.1, d.lgs. n. 286 del 1998. Pertanto, l’accertamento del diritto al riconoscimento di un titolo di soggiorno per ragioni umanitarie, interferisce con il diritto dell’Unione Europea, potendo costituire parte integrante del sistema legislativo della protezione 18 internazionale degli Stati membri. Ne consegue che i principi affermati dalla Corte di Giustizia in relazione alla natura giuridica delle situazioni giuridiche soggettive riconducibili alla protezione internazionale e alle regole intertemporali che ne governano le procedure di accertamento, costituiscono un canone ermeneutico rilevante anche ai fini della corretta applicazione delle norme che si succedono all’interno dei singoli ordinamenti. 17. In conclusione, deve escludersi che dalle norme transitorie sopra illustrate possa desumersi il principio dell’applicabilità immediata alle procedure in itinere della nuova disciplina legislativa incentrata sull’eliminazione del diritto all’accertamento di un titolo di soggiorno sostenuto da ragioni umanitarie. (art. 5, c.6, d.lgs. n. 286 del 1998). /’ 18. L’art. l, comma 9, contiene, tuttavia, una rilevante indicazione l in relazione al provvedimento concretamente emesso dal questore. Al fine di determinare una condizione di rigorosa parità di trattamento di situazioni omogenee, deve ritenersi che anche nelle ipotesi in cui l’accertamento del diritto, al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, sia in itinere, il provvedimento del questore, in caso di positivo accertamento delle condizioni di legge, dovrà avere il contenuto e la durata stabiliti dal comma 9. Così come nell’ipotesi prevista espressamente dalla disposizione richiamata, il paradigma legislativo sulla base del quale verrà accertata l’esistenza del diritto sarà quello delineato dall’art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998, trattandosi di situazioni giuridiche soggettive che, per le ragioni ampiamente svolte, non possono essere scrutinate alla luce di un fatto generatore mutato rispetto al momento in cui è stato chiesto l’accertamento del diritto. Il titolo di soggiorno rilasciato dal Questore, tuttavia, sarà conformato al paradigma contenuto nel 19 l l l l comma 9, dell’art. l, del d.l. n. 113 del 2018. La disposizione regola le modalità esecutive del diritto (ove) positivamente accertato dalle commissioni territoriali o in sede giudiziale e, conseguentemente, entro questi limiti trova immediata applicazione. Deve infatti tenersi conto che, necessitando il rilascio del permesso di soggiorno di una conseguente e necessaria fase attuativa successiva al provvedimento della commissione territoriale o a quello emesso in sede giudiziale, la stessa non può che esplicarsi sulla base della nuova normativa vigente, che non riconosce più per il futuro, dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, il rilascio di un permesso umanitario disciplinato, quanto a contenuto e durata, dall’art. 5 c. 6 del d.lgs. n. 286 del 1998 e dal relativo regolamento di attuazione [art. 28, c.2, lettera d), d.p.r. n. 394 del 1999]. E’ lo stesso legislatore che, nel prevedere la disciplina dell’art. l c. 9 del d.l. n. 113 del 2018, limitatamente alla conformazione del provvedimento del questore, ha indicato un principio di diritto intertemporale che, indipendentemente dalla portata letterale della disposizione, non può non essere applicato a tutte le situazioni soggettive omogenee, secondo una interpretazione sistematica che ne assicuri la tutela in termini di sostanziale parità. 19. Deve essere, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: <>. 20. Stabilito il parametro legislativo alla luce del quale va esaminato ;\ il quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che esso non può trovare accoglimento. Nel provvedimento impugnato si rinviene una motivazione del rigetto della domanda sintetica ma non apodittica, come affermato nella censura. Il Tribunale di Napoli ha escluso l’esistenza di condizioni di vulnerabilità, legate a fattori soggettivi, specificamente indicate, o desumibili dalle condizioni politico-sociali del paese di origine le quali peraltro sono state oggetto di puntuale esame nella valutazione della domanda riguardante la protezione sussidiaria. La valutazione della domanda è stata svolta in modo autonomo, tenendo conto dei riscontri complessivamente acquisiti al processo, dei fatti allegati, e delle informazioni officiosamente assunte. Non si riscontra, pertanto, neanche il deficit di approfondimento istruttorio, indicato nella censura, essendo il rigetto della domanda fondato su di un accertamento positivamente svolto e non sulla mancanza di elementi di fatto acquisibili officiosamente. 21 Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato. In mancanza della difesa della parte intimata non si deve provvedere in ordine alle spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13 comma l quater, del d.lgs n. 115 del 2002. Così deciso nella camera di consiglio del 23 gennaio 2019

Le spese stragiudiziali dei Sinistri stradali – Cassazione civile, sez. III, ordinanza 14/02/2019 n° 4306

La possibilità di ottenere le spese stragiudiziali come danno patrimoniale e non come sottovoce delle spese giudiziale può essere schematicamente riassunta nelle seguenti ipotesi:

  1. Offerta tardiva: l’offerta deve essere inviate nello spatium deliberandi ex art. 148 d.lgs 209/2005.
  2. Inassistenza tecnica ed informativa. Se l’assicuratore non presta assistenza tecnica ed informativa, falsa lo scopo dell’istituto: “dovrà […] ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando … la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co.l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore” (Cass. Civ. Sez. III 29 maggio 2015 n. 11154Cass. Civ. Sez. III 19 febbraio 2016 n. 3266); “il contraddittorio fra le parti […] inizia con la spedizione della lettera raccomandata […]per garantire già in questa prima fase la regolarità del contraddittorio” (Cass. Civ. Sez. III 2 febbraio 2006 n. 2275; Cass. Civ. Sez. III 31 maggio 2005 n. 11606); senza l’intervento dell’avvocato, l’assicuratore non attenderebbe altro che la prescrizione del diritto del danneggiato, giacché la Cassazione ha indicato che l’assicuratore non deve avvisare l’assicurato dell’imminente prescrizione del credito (Cassazione Civile Sezione VI 26 settembre 2018 n. 23069); la posizione di equilibrio di tale diritto nasce in questa fase e non dopo (Cass. Civ. Sez. III 31 maggio 2005 n. 11606), “nel quadro di un complessivo riassetto della materia, si è proposta di rafforzare la tutela del danneggiato” (Corte Cost. 28 marzo 2012 n. 73,Corte Costituzionale 29 marzo 1983 n. 77; Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009; Corte giustizia CE 28 marzo 1996 n. 129; Corte Giustizia CE, sez. 1, 30 giugno 2005, n. 537; Corte giustizia CE, sez. 3, 9 giugno 2011 n. 409; Corte giustizia CE, sez. 2, 17 marzo 2011 n. 484; Cassazione civile, sez. III, 30 agosto 2013 n. 19963), “anche attraverso la promozione di condizioni per una maggiore effettività e un miglioramento delle prestazioni assicurative” (Corte Cost. 21 giugno 2013 n. 157; Corte Cost. 28 marzo 2012 n. 73) “e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato”(Corte Cost. 3 maggio 2012 n. 111), “in coerenza con le finalità […] di un rafforzamento del servizio a tutela dei consumatori e dei contraenti deboli” (Corte Cost. 19 giugno 2009 n. 180). L’intervento di un legale di fiducia è un diritto garantito dalla Costituzione (Cass. Civ. Sez. VI 1 ottobre 2014 n. 20717), è necessario nella fase stragiudiziale per dirimere divergenze nel sistema funzionale “in una più sicura ed efficace protezione del danneggiato ad essere risarcito” il cui scopo della norma, appunto, “è quello di rendere possibile […] la composizione stragiudiziale delle pretese del danneggiato” (Corte Costituzionale 14 febbraio 1973 n. 24), per la complessità della materia ed i numerosi interventi legislativi, ma soprattutto per garantire nella prima fase la regolarità del contraddittorio, ove la compagnia di assicurazione è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzata e professionalmente attrezzata per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale. Infatti, le spese legali costituiscono danno patrimoniale consequenziale dell’illecito, secondo il principio della regolarità causale, ex art. 1223 cc. (Cass. Civ. Sez. Un. 11 novembre 2008 n. 26973).
  3. Offerta non congrua. L’impresa deve inviare offerta, ex artt. 8 dPr 254/2006147148 e 149 d.lgs 209/2005; la fase stragiudiziale non è franchigia, una sorta di zona franca e di campana di vetro nella quale l’assicuratore non possa essere citato in giudizio, ma è strumentale a tutelare da subito il danneggiato nei confronti del quale l’assicuratore ha un obbligo di cooperazione. La Corte Costituzionale, con sentenza del 3 maggio 2012 n. 111, ha sottolineato detto onere di collaborazione, quello di “adeguatamente considerare il nesso funzionale che, all’interno della normativa denunciata, lega le prescrizioni formali, a carico del richiedente, all’ <<offerta congrua>> che, sulla base della richiesta così formulata, è fatto obbligo all’assicuratore di presentare al danneggiato, in prospettiva di una satisfattiva soluzione della controversia già in fase stragiudiziale, ed anche ai fini di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari … la ratio è, in realtà, quella di rafforzare, e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo, come detto, dell’onere di diligenza, a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore; il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum. Il che, oltre, e prima ancora, che alla razionalizzazione dell’accesso alla giurisdizione ed alla sua funzionalizzazione, nel settore, ad una tutela di qualità, è volto, appunto, a rendere possibile una anticipata e satisfattiva tutela del danneggiato già nella fase stragiudiziale … Per un altro verso, infatti, le formalità di cui all’art. 148 cda non sono volte ad <<avvantaggiare l’impresa assicuratricedel responsabile nei confronti del danneggiato>>, bensì al contrario, a realizzare, come già evidenziato, una più tempestiva ed efficace tutela di quest’ultimo”.
  4. Omessa offerta senza motivazione. L’omessa offerta deve essere motivata. Gli artt. 148 del d.lgsl 209/2005 e 8 dPr 254/2006 dispongono che l’impresa deve comunicare specificatamente i motivi per i quali ritiene di non formulare offerta; l’art. 11 del (non abrogato) dPr 16.01.1981 n. 45 dispone altresì che il motivo di diniego dell’offerta deve essere analitico e circostanziato.
  5. Offerta non preceduta dalla proposta. Leggendo il chiaro testo dei commi II, VI e VII dell’art. 148 d lgsl 209/2005, l’impresa, prima di inviare offerta, deve proporre: se l’assicuratore non propone, ma invia direttamente, saltando così la prima fase (proposta ex comma II e VI), non consente al danneggiato di rispondere, ovvero non mette nelle condizioni il danneggiato di rispondere, recidendo un suo diritto; che trattasi di un diritto del danneggiato, lo si evince chiaramente dal comma VIII: “decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza che l’interessato abbia fatto pervenire alcuna risposta, l’impresa corrisponde al danneggiato la somma offerta …”; in siffatto modo, il danneggiato perde il diritto della trattativa, ossia la possibilità di far valere anche le proprie ragioni; l’obiettivo dell’assicuratore è quello di rendere le ragioni del danneggiato più difficili da servire in un processo che deve celebrarsi al netto dell’offerta inviata senza possibilità di trattativa. L’impresa decide (illecitamente, quindi) di non proporre, ma di offrire direttamente, bruciando la fase della proposta, inviando direttamente l’offerta. In questo salto, vengono pregiudicati i diritti del danneggiato di far valere le proprie ragioni, perché l’offerta deve tener conto delle ragioni del danneggiato, non solo quelle dell’assicuratore.
  6. Offerta emessa ma non motivata. La motivazione dell’offerta non si chiede, ma la si ottiene, a prescindere dalla richiesta, in quanto l’art. 148 del d.lgsl 209/2005, così come modificato dall’art. 1 comma VII del d.lgsl. 198/2007, recita che la compagnia deve inviare offerta motivata, ossia spiegata, dalla quale si possa comprendere il calcolo aritmetico, mediante il quale giunge all’offerta [titoli di danno pagati (danno da riparazione, iva, noleggio, fermo tecnico, spese di soccorso, danno biologico permanente, temporaneo), percentuale di responsabilità]; la Direttiva 2000/26/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio infatti prevede che l’impresa di assicurazione, quando esegue offerta, deve motivarla: “l’offerta di indennizzo motivata dovrebbe intendersi come un’offerta scritta che contenga la motivazione in base alla quale sono stati valutati i profili di responsabilità e gli elementi di quantificazione del danno”; la direttiva 2005/14/CE ha poi nuovamente confermato la garanzia nei confronti del danneggiato: “al fine di migliorare la protezione delle vittime di incidenti automobilistici, è opportuno estendere la procedura dell’offerta motivata prevista dalla direttiva 2000/26/CE a tutti i tipi di incidenti automobilistici”.
  7. Non partecipazione alla negoziazione assistita. L’art. 2 comma I del decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 indica un accordo a “cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia”; l’art. 4 comma I avverte che “la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile”; ai sensi dell’art. 9 comma II, la mancata risposta all’invito non può essere sostituita da altra procedura equipollente, rilevando che “è’ fatto obbligo agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto” e che, ai sensi dell’art. 9 comma III, “i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite”; deriva da quanto precede che la negoziazione ha carattere peculiare e consente alle parti di svolgere difese più ampie di quelle da servire in un processo, tali da essere inutilizzabili in quest’ultimo.

In tutti questi casi, se la valutazione “ex ante”, “cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio” (Cass. Civ. Sez. Unite 10 luglio 2017 n. 16990; Cass. Civ. Sez. VI 2 febbraio 2018 n. 2644 – Rel. Dott. M. Rossetti -) conduce a ritenere che lo stesso risultato poteva ottenersi prima del giudizio, le spese stragiudiziali vanno considerate come danno patrimoniale, perche dovevano essere erogate prima e non dopo il giudizio, come mera componente delle spese giudiziali.

Omicidio Loris depositato ricorso della madre

La sentenza di primo grado che condannava la donna a 30 anni di reclusione era stata emessa dal Gip di Ragusa, Andrea Reale, il 17 ottobre del 2016. Il ricorso davanti ai giudici della Suprema Corte verte su dieci punti. Alcuni erano stati anticipati dal penalista nel commentare le motivazioni della condanna: l’elemento soggettivo del reato e la contraddizione della sentenza che parla di dolo d’impeto, ma anche di pianificazione con il sopralluogo di Veronica Panarello; l’assenza di movente; e la capacità di intendere e volere dell’imputata.

Ordini professionali, freno sulla pubblicità

Gli ordini professionali nazionalie locali possono scegliere di disapplicare le indicazioni Anac in materia di trasparenza. E, quindi, non pubblicarei dati su compensi e spese di viaggio dei loro organi di vertice, motivando però la loro decisione ed esponendosi al rischio di possibili sanzioni. È il senso della sentenza del Tar Lazio 1734 del 2018, nella qualei giudici amministrativi hanno analizzato il ricorso presentato dal presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin sull’estensione degli adempimenti che discendono dalle legge Severino (in particolare, dal Dlgs 33/2013). La questione riguarda la determinazione dell’Anac n. 241 del 2017, che analizza gli obblighi in materia di trasparenza per chi ricopre incarichi pubblici. Quelle linee guida, secondo quanto spiegava l’Autorità, sono applicabili anche agli ordini professionali. Questo vuol dire che per incarichi di amministrazione, di direzioneo di governo andranno pubblicatii compensi di qualsiasi tipo, percepiti a carico della finanza pubblica, le spese di viaggioe di missione. Contro questa interpretazione ha presentato ricorso il presidente del Cnf, chiedendo lo stralcio di quella porzione della linea guida dedicata proprio agli ordini.

La sua posizione è, nella so­ stanza, che questi obblighi si applicano solo ai titolari di incarichi politici di Stato, Regioni ed enti locali. Anche perché gli ordini sono fuori dall’elenco Istat che definisce i confini della Pa. A questi argomenti ha risposto l’Anac, spiegando che le linee guida in questione hanno carattere non vincolantee che, quindi, sono prive di qualsiasi contenuto lesivo. Il ricorso, allora, non sarebbe ammissibile. Il Tar dà ragione all’Autorità, accogliendo l’eccezione di inammissibilità. Ma, di fatto, apre uno spazio alla possibilità di disapplicare gli obblighi di trasparenza. I giudici fanno, cioè, proprie le ragioni già espresse dal Consiglio di Stato, spiegando che «le linee guida in questione costituiscono un atto non regolamentare mediante il quale l’Anac chiarisce la portata applicativa» della norma. Se vogliono, quindi, gli ordini potranno «discostarsi dalle linee guida mediante atti che contengano un’adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idoneaa dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativa». Dalle indicazioni dell’Anac, in questo caso, non discende allora un obbligo diretto. Anche se, in futuro, l’Autorità potrà scegliere di sanzionare gli ordini che non pubblicano i dati. E questi potranno rispondere con un nuovo ricorso.

Effetto privacy negli studi: costa di più tutelare i dati

Dai mille ai 1.500 euro l’anno: questo il costo della privacy per gli studi professionali di medie e piccole dimensioni. Esborso richiesto soprattutto qundo ci si rivolge a un consulente esterno. Una spesa che peserà sempre di più sui bilanci, perché con l’operatività, a partire dal 25 maggio, del regolamento europeo, ci saranno almeno altri 500 euro l’anno da destinare alla gestione dei dati personali che transitano per gli studi professionali, a cominciare da quelli dei clienti. Aumentano, infatti, gli obblighi (si veda l’infografica). Adempimenti mal digeriti dai professionisti, che finora hanno risposto principalmente in due modi: il fai da te, adottato in particolare negli studi legali, più versati agli aspetti giuridici della riservatezza; oppure ricorrendoa consulenze esterne, alle quali, di solito, si affida l’intero pacchettoprivacy: dalla predisposizione della modulistica alla vera e propria protezione dei dati. Ci sono poi studi che vanno più in làe stipulano una polizza per tutelarsi contro rischi particolari, come un atto di pirateria informatica con conseguente richiesta di riscatto per la restituzione dei dati trafugati. Oppure c’è chi, per non doversi occupare in prima persona delle misure di protezione, trasferisce i dati sulla “nuvola”, dele­ gando al gestore la loro tutela.

«Uno strumento­ sottolinea Matteo Colombo, presidente di Asso Dpo, associazione di formazione e consulenza in materia di privacy ­ che sta prendendo sempre più piede. I gestori, come per esempio Google, vendono pacchetti per conformarsi al regolamento Ue trasferendoi dati sul cloud». È in atto una corsa contro il tempo perché, anche se le nuove norme europee sulla riservatezza si conoscono da quasi due anni, è in questi mesi che si sta affrontando il problema. «Abbiamo inviato di recente ­ spiega Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale commercialisti ­ una circolare a tutti gli iscritti per ricordare i nuovi obblighi e per segnalare un kit, disponibile graziea una convenzione, con le misure per mettersi in linea con il regolamentoe fare una valutazione ponderata dei rischi». È ancora Cuchel a spiegare i motivi dell’affanno: «La normativa sulla privacyè stata sempre vissuta dagli studi medio­piccoli come un fastidio, perché invasiva rispetto al lavoro quotidiano. È una legislazione nata per le grandi realtà e traslata senza graduazione sul resto dei professionisti». Ora, però, la prospettiva europea (regole uguali per tutti) e il giro di vite sulle sanzioni rende tutto più urgente. «Finora l’attenzione sulla privacy da parte di molti studi professionali ­ afferma Antonello Bevilacqua, componente dell’Organismo congressuale forense non è stata massima. Anche perché le regole sulla riservatezza sono state vissute male: sono state varate senza sentire le categorie e hanno rivoluzionato il nostro lavoro. Se, però, la situazione fino a oggi è stata tollerata, nel futuro non lo sarà». Gli avvocati hanno in genere scelto il metodo fai­da­te.

Il regolamento europeo, però, porta nuovi adempimenti e soprattutto un nuovo approccio: dal concetto di accountability a quello di privacy by designe privacy by default. Potrebbe, dunque, essere necessario rivolgersi all’esterno. È quanto solitamente fanno gli altri professionisti. «Chiamiamo in causa un consulente ­ aggiunge Cuchel ­ con un costo che, mediamente, è di 1.500 euro l’anno. Un esborso non di poco conto nel bilancio di uno studio medio­piccolo.E ora dovremo preventivare un aggravio di circa 500 euro». «È necessario mettersi nell’ottica che la privacy è un processo commenta Colombo­e va affrontato secondo la cultura della compliance, consapevoli che il costo per un corretto trattamento dei dati alla fine si trasforma in un valore aggiunto per lo studio».

Il manuale a misura di riservatezza in 14 punti

01| NORME APPLICABILI

Oggi Il codice della privacy (Dlgs 196/2003) Dal 25 maggio Il regolamento europeo 2016/679 (Gdpr, General data protection regulation, ovvero regolamento generale sulla protezione dei dati)

02| OBBLIGO DI INFORMATIVA Come si applica oggi Per clienti, dipendenti, collaboratori, fornitori, ecc. l’informativa può essere anche orale, una­tantum,e fornita mediante l’affissione della stessa nei locali dello studio. L’informativa nonè dovuta per la difesa in giudizioo per investigazioni difensivee sei dati non sono raccolti presso l’interessato Come cambierà il 25 maggio L’obbligo nella sostanza non cambia. Il regolamento europeo insiste sulla chiarezzae semplicità dell’informativa, che deve, tra l’altro, contenere il riferimento, quandoè previsto, del responsabile della protezione dei dati (Dpo)

03| CONSENSO DELL’INTERESSATO PER L’UTILIZZO DEI DATI COMUNI Come si applica oggi Il consenso non è necessario sei dati personali comuni sono utilizzati: 8 per fini difensivi; 8 per eseguire un contratto; 8 per soddisfare un obbligo di legge (per esempio: antiriciclaggio); 8 per dati di fonte pubblica (per esempio: dati dell’anagrafe); 8 per dati economici (per esempio: codice fiscale). Al di fuori di questi casi, per il trattamento dei datiè necessario acquisire il consenso dell’interessato Come cambierà il 25 maggio Le regole non cambiano ma il consenso non deve essere più documentato per iscritto

04| CONSENSO DELL’INTERESSATO PER L’UTILIZZO DEI DATI SENSIBILI Come si applica oggi Il consenso nonè richiesto sei dati sensibili sono trattati: 8 per fini di difesa in giudizioo per investigazioni difensive, previa autorizzazione del Garante; 8 analogamente per dati su condanne penalio lo stato di condannatoo indagato (dati giudiziari); 8 per trasferimenti esteri di dati per gli stessi motivi; 8 per la gestione di rapporti di lavoroe per la sicurezza sul lavoro; 8 peri dati sensibili trattati in conformità all’autorizzazione generale n.1 del Garante; 8 peri dati giudiziari trattati in conformità all’autorizzazione generale n.7 del Garante. Al di fuori di questi casi, per il trattamento dei datiè necessario acquisire il consenso dell’interessato Come cambierà il 25 maggio Le condizioni non cambiano, ma le autorizzazioni del Garante potranno essere rivisitate

05| NOTIFICAZIONE AL GARANTE Come si applica oggi La notificazione va effettuata solo in casi particolari. Sono esonerati dall’obbligoi trattamenti dei dati personali finalizzatia investigazioni difensiveo alla difesa in giudizio Come cambierà il 25 maggio Nonè più prevista

06| FAR VALEREI PROPRI DIRITTI Come si applica oggi L’interessato ha il diritto di sapere se ci sono dati che lo riguardano; se esistono, gli devono essere comunicati in forma intelligibile. Può chiedere che i dati siano aggiornati o integrati e, se sono trattati illegittimamente, che vengano cancellati o resi anonimi. Il dirittoè sospeso se pregiudica le investigazioni difensiveo il diritto di difesa Come cambierà il 25 maggio Le regole non cambiano, con qualche diritto in più, come la restrizione d’uso pendente una contestazione

07| REGISTRO DEI TRATTAMENTI Come si applica oggi Nonè più dovuto dopo l’abolizione del Dps (documento programmatico della sicurezza) Come cambierà il 25 maggio Il regolamento introduce l’obbligo per le organizzazioni con più di 250 dipendenti, ma l’adempimento vale anche per quelle organizzazioni al di sotto di tale tetto se il trattamento include dati sensibilio giudiziari

08| PRIVACY BY DESIGNE BY DEFAULT Come si applicano oggi Non previste Come cambierà il 25 maggio Il titolaree il responsabile del trattamento- dopo aver valutato il contesto, le finalità del trattamento, le soluzioni tecnologichea disposizioneei costi- devono adottare misure per prevenirei rischi sulla privacy (privacy by design). Inoltre, devono fare in modo che vengano utilizzati, per impostazione predefinita, soloi dati necessari per ogni specifico trattamento (privacy by default)

09| VALUTAZIONE D’IMPATTO DELLA PROTEZIONE DEI DATI Come si applica oggi Non prevista Come cambierà il 25 maggio Da attuare quando il trattamento presenta rischi potenzialmente elevati per gli interessati

10| ACCOUNTABILITY Come si applica oggi Non prevista Come cambierà il 25 maggio Principio per cui il titolare- una volta valutato l’ambito, le finalità dell’uso dei dati personaliei rischi connessi- adotta una serie di misure organizzativee tecniche che prevenganoi problemie lo mettano nelle condizioni di dimostrare l’adeguamento al regolamento Ue

11| SICUREZZA DEI DATI Come si applica oggi Misure minimee adeguate da adottare Come cambierà il 25 maggio Approccio basato sul rischio

12| OBBLIGHI DI PROTEZIONE DEI DATI NEL RAPPORTO CONI CLIENTI Come si applica oggi Definiti con la lettera di incarico Come cambierà il 25 maggio L’obbligo non cambia

13| DATA BREACH Come si applica oggi Non previsto Come cambierà il 25 maggio Nel caso di violazione dei dati (per esempio, per un attacco informatico) il titolare lo deve comunicare al Garante entro 72 ore. Lo deve comunicare anche agli interessati, se il rischioè altoea meno che non dimostri di aver adottato misure di sicurezza adeguate

14| SANZIONI Come si applicano oggi Previste sanzioni amministrativee penali: per le prime non si va oltrei 300mila euro Come cambierà il 25 maggio Vengono inasprite le sanzioni amministrative pecuniarie, che possono­ tenuto conto dei principi di proporzionalità­ arrivarea 20 milioni di euro

IL GLOSSARIO Accountability Principio di “responsabilizzazione”, cioè ogni azienda deve essere in grado di dimostrare la propria conformità al Gdpr Dpia Data protection impact assessment o valutazione d’impatto sulla protezione dei dati: consiste nella valutazione dei rischi derivanti dal trattamento di dati personali per i diritti e le libertà degli interessati nonché delle misure atte a mitigarli; obbligatoria quando si presume un rischio elevato n Dpo Data protection officer (responsabile della protezione dei dati ) nuovo organo indipendente di sorveglianza circa l’effettività del sistema realizzato dall’azienda per essere conforme al Gdpr; obbligatorio nei casi previsti dalla legge n Data breach Qualsiasi violazione di sicurezza riguardante dati personali, come la distruzione, l’accesso, la modifica o la divulgazione non autorizzati dei dati, oppure la perdita degli stessi n Dato personale Qualsiasi informazione suscettibile di identificare un individuo n Gdpr General data protection regulation ovvero il regolamento dell’Unione europea 2016/679 del 27 aprile 2016. Il regolamento diventerà operativo il 25 maggio prossimo in tutti i Paesi Ue , dopo due anni durante i quali è stato dato modo agli operatori di adeguarsi alle nuove regole. Il regolamento, che non ha bisogno di recepimento, manda in soffitta la direttiva 95/46/Ce, dalla quale hanno preso spunto le varie normative nazionali sulla privacy ora in vigore, compreso il codice italiano (il Dlgs 196/2003)

Cassa Forense, ancora in forse il contributo minimo integrativo

La Cassa di previdenza degli avvocati ha stabilito lo scorso settembre di abrogare temporaneamente, dal 2018 al 2022, il contributo minimo integrativo (fermo restando l’integrativo ordinario al 4%) al fine di introdurre un criterio di proporzionalità tra le tariffe contributive e il volume di affari. Sono interessati, in particolare, oltre ai giovani esentati per i primi cinque anni di iscrizione alla Cassa, gli iscritti che non raggiungono un volume d’affari oltre i 17mila euro. Tuttavia su questa novità la Cassa è ancora in attesa dell’approvazione da parte dei ministeri competenti. Di conseguenza, per quest’anno, l’emissione dei bollettini per il pagamento dei contributi potrebbe subire variazioni.

La Cassa conferma per ora i Mav emessi per le scadenze del 28 febbraio, 30 aprile, 2 luglio e con riserva l’emissione per il 1 ottobre 2018. Se la cancellazione del minimo integrativo sarà approvata, la Cassa annullerà tempestivamente i relativi Mav, altrimenti sarà messo in riscossione un unico bollettino con scadenza 31.10.2018. Information Center. A partire dal 1 marzo la Cassa cambia look, grazie al nuovo “Information Center”, un centro telefonico completamente rinnovato, aperto ai professionisti iscritti ed accessibile attraverso i diversi canali disponibili grazie alle nuove tecnologie. Una innovazione, netta rispetto al passato, che si estende allo stesso orario di servizio (attivo fino alle 21 nei giorni lavorativi e fino alle 13 il sabato) per interagire direttamente con gli operatori e i consulenti, oppure via chat o attraverso mail guidate.

Il centro ha il numero 06.87404040, che sostituisce tutti i vecchi numeri non più utilizzabili. Ai servizi già operativi, saranno aggiunti prossimamente whatsapp, sms, messenger ecc. per consentire agli iscritti, soprattutto ai più giovani, di dialogare con sempre maggiore facilità con la Cassa. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con un’importante società specializzata nel settore ed individuata a seguito di una gara europea. Avvocati/Inps. Gli avvocati che curano, per conto dei loro clienti, adempimenti Inps in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, sono tenuti ad inviare una comunicazione semplificata (art. 1 legge 12/79) all’Ispettorato del lavoro della provincia di riferimento. A partire dal 1 marzo la comunicazione, obbligatoria, si effettua via telematica e all’inizio di qualsiasi adempimento delegato. L’Ispettorato raccomanda di rinnovare la comunicazione anche agli avvocati che in precedenza hanno utilizzato moduli cartacei.

Il preventivo non spaventa i professionisti

L’obbligo di preventivo scritto è ormai entrato nella prassi dell’attività dei professionisti. Introdottoa fine agosto dalla legge sulla concorrenza (la 124/2017) era già adottato di fatto da molte categorie, nonostante la normativa precedente si limitasse a obbligare il professionista a «rendere note» al cliente la misura del compenso e la complessità dell’incarico. Ad esempio, architetti e ingegneri lo avevano introdotto nel proprio codice deontologico dopo la liberalizzazione tariffaria del 2012. Fanno eccezione gli avvocati che possono vantare una disciplina ad hoc (legge 247/2012), resa comunque più stringente dalla legge sulla concorrenza. Oltre alla legge sulla concorrenza, da ultimo anche l’arrivo dell’equo compenso (varato con il Dl 148/2017,a sei anni dall’abolizione delle tariffe minime), ha riacceso i riflettori sul tema della pattuizione di onerie corrispettivi tra professionisti e clienti. L’eccezione degli avvocati Niente obbligo di preventivo scritto per i legali. L’articolo 13 della legge forense non parla infatti di “preventivo” ma di una comunicazione scritta del costo prevedibile della prestazione, a «colui che conferisce l’incarico». Il Consiglio nazionale forense ha chiarito quindi (con una nota dell’ufficio studi) che la comunicazione scritta va effettuata dopo che l’incarico è stato accettato (o anche contestualmente). L’unica novità introdotta dalla legge concorrenzaè che nonè necessaria la richiesta da parte del cliente.

«Le prestazioni di un avvocato ­ spiega Davide Calabrò, consigliere del Cnf ­ non sono facilmente comparabili e la quantificazione di onerie compensi non può essere fatta prima dell’affidamento dell’incarico». Secondo la nota del Cnf, l’obbligo di comunicazione non riguarda inoltre tutte le prestazioni “im­ mediate” come le consulenze orali contestuali alla richiesta, la difesa e l’interrogatorio in carcere, i procedimenti per direttissima. La nota dell’ufficio studi del Cnf consiglia però anche di inserire una clausola di garanzia che avverta il cliente della possibilità che l’evoluzione processuale (difficilmente prevedibile) determini aumenti di cui dovrà comunque essere tempestivamente informato. L’inadempienza non comporta inoltre la nullità dell’accordo ma solo il ricorso ai parametri del Dm 55/2014, per determinare costi e compensi. Le regole generali Avvocati a parte, per tutti gli altri professionisti l’obbligo di preventivo di massima scritto o in­ viato in digitale introdotto dalla legge concorrenza (che ha modificato l’articolo 9 del Dl 1/2012) è operativo e cogente.

«È diventato un dovere che i commercialisti rispettano ­ dice Giorgio Luchetta, consigliere nazionale delegato a compensi e onorari ­. Cinque modelli di preventivi sono previsti dal software disponibile sul sito nazionale». I fac­simile riguardano diversi tipi di prestazione e includono la specificazione della complessità dell’incarico. Il codice deontologico della categoria stabilisce inoltre che l’entità del compenso sia pattuita per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico (può comprendere una componente variabile, legata al successo dell’attività svolta). Per gli inadempienti è prevista la sanzione della censura. Fra i notai il preventivo scritto era diffuso anche prima che la legge concorrenza lo rendesse obbligatorio. Il Consiglio nazionale ha però ribadito che il compenso diventa vincolante quando viene conferito l’incarico. Uno schema­guida di contratto è stato elaborato dopo la legge 124 anche dal Consiglio nazionale dei geometri. «In realtà ­ spiega il segretario, Ezio Piantedosi­ abbiamo aggiornato il vecchio modello alle novità di agosto». Nel nuovo schema, ad esempio, si consiglia di dettagliare al massimo la prestazione, valutandone la complessità. Per tutti i tecnici infatti il problema delle prestazioni non del tutto standardizzabili è molto sentito: in passato proprio la rete delle professioni tecniche aveva chiesto (ma non ottenuto) di introdurre un emendamento al jobs act degli autonomi in cui si demandava a un futuro decreto la regolazione dei vari casi di flessibilità nelle prestazioni professionali di ingegneri, architetti e degli altri tecnici. Per ora comunque né il Consiglio degli ingegneri né quello degli architetti segnalano contenziosi importanti sul fronte dei preventivi. Le scelte

ARCHITETTI L’obbligo di preventivo scritto era già previsto dal 2012 dall’articolo 24 del Codice deontologico della categoria, compreso il vincolo di indicare la complessità della prestazione, i criteri di calcolo del compensoei dati della polizza assicurativa. L’obbligo è tra quelli sanzionabili. Ora la legge sulla concorrenza ha rafforzato quest’onere introducendo la possibilità di comunicazione digitale

AVVOCATI La disciplina di riferimentoè la legge 247/2012. L’articolo 13 prevede l’obbligo di comunicare «in forma scritta»i costi prevedibili «a colui che conferisce l’incarico». Il Cnf ha chiarito che l’obbligo scatta dopo l’accettazione dell’incarico. La comunicazione deve indicare le voci di costo, distinguendo fra spesee compenso del legale. L’inosservanza non annulla il contratto. Il Cnf ha messoa punto un software per il calcolo

COMMERCIALISTI Per facilitare la predisposizione del preventivo, il Consiglio nazionale ha predisposto un software (disponibile sul sito) che aiuta i professionisti a mettere a punto sia i l preventivo che i l mandato professionale. Il Codice deontologico prevede l’obbligo di pattuire la misura del compenso all’atto del conferimento dell’incarico. La sanzione per gli inadempienti è la censura

CONSULENTI DEL LAVORO Prima della legge sulla concorrenza il codice deontologico non imponeva il preventivo scritto ma lo riteneva opportuno per la categoria. Universo lavoro, fondazione della cassa Enpacl, ha realizzato un software gratuito che consente la costruzione dinamica della lettera di incarico professionale. Il programma è stato scaricato finora da oltre 1.100 iscritti

GEOMETRI Dopo la legge sulla concorrenza il Consiglio nazionale ha adeguato lo schema di contratto varato nel 2012: sono state introdotte varie clausole che evidenziano come indicare, ad esempio, la complessità della prestazione o le voci di costo. Inserita anche una nota che richiama la legge 124/2017 sulla concorrenza. Titoli e specializzazioni dei geometri sono consultabili da tutti nell’Albo online

INGEGNERI Con la legge 124/2017 diventa legge quello che fino a quel momento era un vincolo deontologico, attivo dal 2012, di fornire ai committenti un preventivo scritto. Per gli ingegneri resta comunque un aspetto delicato: la difficile quantificazione delle varianti e dei fatti imprevedibili. Un emendamento al jobs act degli autonomi chiedeva una maggiore flessibilità ma non è stato approvato

NOTAI Peri notai il preventivo scritto rappresenta una prassi seguita già prima della legge concorrenza. Il Consiglio del notariato ha ribadito che il compenso viene pattuitoe diventa vincolante al momento del conferimento dell’incarico. Il preventivo dovrà indicare il compenso per le singole prestazioni, tutte le voci di costoe il grado di complessità dell’incarico. La violazioneè passibile di azione disciplinare